SERGIO MESSERE - Copertina del libro, 2021

SERGIO MESSERE - Copertina del libro, 2021

FIBRE DI POSSIBILITA' di Sergio Messere

SERGIO MESSERE,

SERGIO MESSERE, "Fibre di possibilità" - Ed. LFAPublisher, 2021

Questa silloge è suddivisa in sette aree tematiche e vuole essere un viaggio con l'Uomo e nell'Uomo, dando voce alle innumeri sfaccettature.

Si inizia con la Tetralogia degl'Inquieti, cammino tortuoso e collettivo verso la realizzazione del sé. Vibrazioni di amore e di energia. Nei recessi più neri. Le cose belle e semplici. Passaggi autobiografici e momenti di svago.

Infine, il voltice di esperienze inusuali, totalizzanti, dimensioni altre.

Anche quando è bivaccato su una panchina, il pensiero umano, non cessa mai di girare e di insinuarsi: mai come ora dobbiamo riappropriarci di un vero volto, di carne.

Sergio Messere è nato a Civitavecchia e lavora a Roma in un Centro di Coordinamento e Controllo di reti Mediaset ed altre emittenti private. Ha esordito nel 2013 col romanzo distopico Generazione oltre la linea, presentato al Salone del libro di Torino; i giorni febbrili di un manipolo di ragazzi ai margini di una metropoli del 2040. In seguito ha partecipato a diverse antologie con poesie e racconti. Nel 2021, ecco la silloge poetica Fibre di possibilità (LFA): il frutto di un trentennio di visioni, pulsioni, nevrosi.

 RECENSIONE

Leggendo “Fibre di possibilità”, di Sergio Messere

Sarebbe bene stringere uno e più fasci di nervi, come se fossimo stati dati alla luce da una durevolezza esterna, per la quale si avanza morbosamente e in alternativa si aleggia, bestemmiando nella speranza di nutrirci dell’essenziale.

Messere inquadra un’euforia segnata dallo sconforto come dalla liquidazione di una libertà non affatto introvabile nei percorsi che tracciamo; incuriositi d’anime trascinanti, che ci consigliano di distinguere la sostanza dalla forma per ogni bene primario, consumato da criminali perdonabilissimi, che preparano in complicità con le loro prede un pasto rappacificante.

“Siamo decadenti: sempre e poi sempre insaziabili

(…)

ove è la vita sterminato biliardo”.

Succede allora di assistere lungi dall’identificarsi allo scorrimento altrettanto non evidente di entità, esseri disperati, dotti, folli, combattenti, malati, vittime estremizzate e dittatori, tutti uguali dacché irriconoscibili!

Sergio armonizza la parola rievocando una stagione come quella autunnale, arrotondando a suo modo d’immaginare per sempre ciò che l’umano si riserva; per una forma di detenzione scioglibile con la novità esprimibile da un nostro simile, purché umile e solidale volendo masticare la vita e quindi sacrificarci prontamente per l’estraneità pulsante, come se capaci di attrarre e basta.

“vita mia, sei stata la nota più squillante in uno spartito mai suonato”.

Effettivamente l’osservazione dell’Io si estende su un vetro di riflesso spiazzante, e se ne accresce il dolore tra il cuore e l’idea di ascoltarlo, almeno per chi come Messere, che si muove cogliendo in sé desolazione, invocando il divino per i poveri, a ricostituire, irremovibile, la naturale sortita.

Il mondo fa venire i brividi ai sentimenti che s’imbestialiscono, fedeli alle loro origini tanto da rinchiudercisi, per una chiara esasperazione, agevolante l’alimentazione e l’animazione di ogni cosa (soffermatevi pure sulle raffigurazioni di Pietro Tavani all’inizio dei capitoli).

Per il poeta, fibrilla una clessidra, come a dover numerare l’infinitesimale, quasi a offendere degli esserini, innocentemente incapaci ancora di tendere la mano come lo sguardo, di una delicatezza inconciliabile.

“l’ozio fiuta l’inganno e non ne vuol sapere

(…)

Bimbo dai pugni chiusi e dalle palpebre di seta

(…)

La tua voce (…) lenta e incessante emorragia dell’anima

(…)

Voglio vedere un questuante saltellare (…) nuvole di desideri volteggiare”.

Successivamente il nostro rimarca quel dono reintegrativo, elevato al femminile, di una Lei che ha sofferto, però fatto salvo il candore; proporzionale all’intervento anch’esso imprevisto, elevato al maschile, eseguito in modo rinsaldante, affettuoso.

“La mia mano ruvida sulla tua fronte”.

L’ascolto consiste in un percorso interiore, languido, di una rigidezza da sciogliere, a fronte dell’annunciazione in grande stile se non addirittura insensibile degli strumenti che ricominciano a rendersi efficaci.

Un sentimento convincente dà luogo a nessuna condanna, in particolare a quella del rosicare… piuttosto agevola l’indipendenza, quella buona per ritornare prima o poi a confortare, con un vissuto duro, quando dall’altra parte si è in stato febbrile.

 LE SETTE OPERE CHE SEGNALANO UN EVENTO

I CAP. Tetralogia degli inquieti
____________________
"NOI DECADENTI"
Attorcigliati
con vigore
alla vita:
ora appassionati,
virtuosi,
devoti
siamo noi.

Affogati
nella nostra stessa
schiuma vitale;
ferventi assetati
di aurora
e di crepuscoli;
fedeli amanti
di venti
e di piogge
e di calure
e di spicchi d'ombra.

Attanagliati
dalla vita,
c'inabissiamo
con lei:
ora larve,
immondi,
nichilisti.
Inattuali.

E figli d'un Tempo
non nostro,
strisciamo
o voliamo,
imprechiamo
o preghiamo
per un pezzo di pane,
languendo sotto una brezza
inesausta.
E consumiamo
la candela della vita
da ambo i lati:
oggi
siam petali di Dio;
domani,
petali di un fiore
di metallo.
Siamo decadenti:
sempre e poi sempre
insaziabili.
Nature ingrate.
Contaminate.
Lacerate
da venti di sabbia.


IV CAP. Luce
____________________
"NELL'ALBA DELLE COSE"
Nell'Alba delle cose.
Vorrei, un giorno,
poter penetrare
la materia,
atomica immersione:
da lì non muovermi.
Un germoglio
che si affaccia
sul mondo.
Un amore esitante
in gestazione.
Un giunco tenero
che sarà ricordato
come un campione.
Dai quattro angoli
dell'orbe,
squilli trionfanti
di trombe sorde:
nell'Alba delle cose.

II CAP. Vibrazioni
____________________
"UOMINI PREDESTINATI"
Il silenzio
d'orgoglio
dei cuori liberi
spira
come frustata
di vento e di acqua,
come musica tenue
del pensiero,
come bimba
nella mano del padre,
sulle speranze
e sulle piaghe
sempiterne
dell'umanità brulicante
fra le steppe
senza orizzonte
di Dio.

Eccoli lì,
lasciate sospeso
ogni giudizio
e osservateli,
mentre sfilano
come testimoni
senza un volto
su quella passerella invisibile:
i santi e i dannati,
i saggi e i pazzi,
i guerrieri e gl'infermi,
i martiri e i tiranni.

V CAP. Scorci
____________________
"NADIR"
Ci sarà ci sarà,
in qualche parte del mondo,
il lupo e l'agnello
che si abbeverano -
l'uno a fianco l'altro -
alla stessa fonte
sotto il sole
di pasta sfoglia.

Torneranno torneranno,
gli amanti
incrociatosi al nadir,
su quel colle
lambito dal Cielo
che non si vede
ma sa parlare.

Ci sarà ci sarà,
in qualche spazio della mente,
la forza
per continuare
a donarci
per ciò che vogliamo
e per ciò che non vogliamo.

Torneranno torneranno,
gli amanti mancati;
servi della sera,
e sposi della collina,
e padroni
delle vigne
della conoscenza
e della concordia.
Dietro loro,
un infante,
che deporrà
il nadir
sotto un alveare
a liberare nuove colonie:
e con esse,
di una lingua universale,
nuovi mondi,
e sul soglio di ebano
a mirare quel baccanale
il fiero Uomo Nuovo
col pentagramma nella mano.

III CAP. Nero
____________________
"IO, STRANIERO DI DIO"
Se mi scruto
e mi adagio
allo specchio,
un'assai strana
fitta mi strazia
dal petto all'orecchio:
- o Dio misericordioso
dei mari e delle terre:
ben lontano,
nell'Altrove,
risiede l'unico mondano
cuore di carne
di questo tuo gramo
viaggiatore!

Ben lontani sono
i miei consimili
i miei paesi
e le mie comunità,
scevri d'ogni vendetta
potere
e avidità.
Un celere vapore
adombra il mio capo
reclinato:
son per caso
Io - Straniero -
un fiore spezzato
che setaccia
per declivi e piani
il deserto,
necessaria inferia
nelle rudi e sprezzanti mani
d'un fato incerto?
Un fiore
in esilio
tra le piaghe
delle mani frigide
d'un Creatore
impassibile
son forse io?

E sentirsi
un Suo pensiero
marginale,
indolente.
rinnegato,
in quella città
che mai luce
carezzò,
né l'eco
di passi e vocii
attraversò.
Gelo
nelle ossa:
qubi
di volontà
ibernata:
loop
del pensiero
sul pensiero...


... È freddo
quaggiù.

VI CAP. Divertissement
____________________
"LA SFOGLIATELLA"
Adagiare le labbra
su questi fagotti d'amore;
e con essi, deporre ogni affanno dell'esistenza,
si da ridestarci dal contemporaneo torpore.

Sniffare la fragranza
che martoria l'olfatto,
come un bacio tenue
su un velo di organza.

Quindi, saggiame
il calore emanato,
affondando i denti
come sciabole d'Oriente:
ora l'intero volto
è ammantato:
volontà pura sul presente corrente.

I primi sgranocchi leprini:
siamo nient'altro
che coniglietti innamorati
con il lavorio dei dentini.
Uno
due
tre...
Il gatto non c'è!
E mentre,
il furtivo,
perlustro l'aere
come una civetta
a tutto tondo,
magma
di ricotta vellutata
la cavità orale -
beata Lei -
mi assale.

VII CAP. Psicoalchimie e coni d'ombra

PIETRO TAVANI,

PIETRO TAVANI, "Transfert" - 1977

"HYPNOTICA"

Mosche d'acciaio e cupe risonanze

nell'utero malsano dell'alba senza luce

occhi di vetro e occhi di brace

che schizzano come le sfere opache di un flipper umano

dietro sbarre e dentro nicchie

solo corpi umidi lobotomizzati

che si contorcono e reclamano

e suggono come zimbelli l'altrui potestà

altri ne arriveranno.

Danza estatica

la tribù moderna degli acidi e degli amuleti,

sull'orlo del vortice della passione

più irriverente e più turbinosa.

Innominata.

E nell'epicentro

Lei, ministro del piacere:

legifera e promette e trasmuta

come pennuta regina cangiante

la bronzea donna senza uova:

è il dominio impassibile dell'Incertezza

incarnata nell'uomo di argilla.

È il dominio degenere

del surgere ansimante di fantocci di possibilità.

PERCORRENDO LA VALLE PROVANDO LE DIVERSE VIE CHE IL FATO HA DISPOSTO

Commenti

Sergio Messere

12.01.2022 16:03

L'accostamento poesia-pittura è assai intrigante. Laddove non arriva la poesia con le proprie folgorazioni, ermetiche e e soggettive, subentrano le pennellate del demiurgo-pittore a dare luce.

Ultimi commenti

08.02 | 05:54

Sarò di parte ma anche solo gli studi sono fantastiche opere d'arte
🥰

29.01 | 11:36

Grande, sempre Grande!!!

23.01 | 20:15

Grazie, se avessi altre foto di papà li potrei aggiungere alla sua pagina. Un abbraccio.

23.01 | 18:04

Ciao Pietro, grazie che tieni sempre vivo il ricordo di mio padre come artista. Un caro abbraccio. Stefania

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